giovedì 14 gennaio 2010

sabato 9 gennaio 2010

cut the distance





"e io pensavo che la vera guerra era quella che scoppiava tra le persone che si amano, era nel nostro incontrarci dopo mesi e faticare a ritrovare i gesti e le parole di un tempo, era la ferocia di un tentativo di sopprimerci reciprocamente per poter continuare ad amarci. Puoi ricordarlo, ora, ovunque tu sia?"


[Piervittorio Tondelli, Il viaggiatore solitario]

domenica 3 gennaio 2010

ora che ti riconosco


tra i passanti della folla , mi ricordo del profumo che indossavo la sera che ti ho visto giocare a scacchi in una piazza del centro di Budapest. Avevi un cappello ben abbassato sugli occhi, per proteggere quella follia che gli altri scambiavano per malattia. Muovevi lento le pedine bianche, facevi reagire con altrettanta cadenza infernale quelle nere, in una battaglia senza fine. almeno per le due ore successive. Ti ho osservato per tutta la sera. Bevevi del vino caldo, raffreddatosi dopo poco grazie all'inverno crudele che gelava i pensieri, le mani e appannava gli obiettivi , i buoni propositi. Inclinavo la testa e un sorriso agli angoli della bocca mi si dipingeva leggero e malizioso , nel mio cappotto di miseria sbandierata e di charme mai abbandonato. Avevo sugli occhi una maschera bianca, dipinta a mano , con due piume di pavone , un fake di lusso nell'insieme e indigeni ungheresi alticci mi solleticavano con frasi volgari . Ma io non ascoltavo.. troppo intenta a guardarti ignorare il nuovo anno. Era il tuo tempo, quello era l'inzio del 2010. Il tempo che avevi scelto di dedicare a te, sedendoti in mezzo a frotte di sognatori dalle mani ingombre di bottiglie di spumante e bicchieri di plastica, urlanti e deliranti di liste in 10 punti da dedicare ad un amico, di auguri al vento e baci all'infinito. E' stato un attimo, quello in cui hai smesso di giocare, hai tirato fuori la tua macchina fotografica e con professionalità mi hai immortalata. Ci hai immortalati in un unico scatto; tu l'osservatore, io la curiosità, noi passanti incontratisi per caso in un giorno di pioggia di inizio anno, sotto cieli infuocati da razzi artificiali di pensieri fatti a mano. semplici.
non eri il giocatore di scacchi, non eri me con la maschera , eri un pensiero materializzato , scarnificato e realizzato in pochi attimi . E' bastato un frammento all'incrocio di sguardi che fortunatamente segnava ancora rosso per un po', per poterti dire tanto in poco.
se sei un sogno non lo so, ma qualcuno una volta mi ha detto che se i tuoi compagni passati erano cosi diversi tra loro è solo perchè devi condensarne le facce in un unico prototipo robotico che li inglobi tutti. anche i tuoi desideri nascosti.
io l'ho fatto i quella piazza di Budapest e sei uscito tu.
ti lascio un pensiero a forma di barchetta di carta.
lo appoggio nel Danubio..
quello che c'è scritto, non l'ho mai saputo.